Per ognuno di noi esiste un luogo preferito, dove si ritorna sempre volentieri e ci si sente "a casa".
Per me questo luogo e' (non potrebbe essere altrimenti) un monte: il Vioz .
Il Vioz si eleva a sud del gruppo dell'Ortles-Cevedale, proprio in fondo alla Val di Pejo (diramazione secondaria della Val di Sole) e sopra l'abitato di Pejo paese (poco piu' giu' c'e' Pejo fonti, noto per le acque minerali e le fonti idrotermali).
La caratteristica di questa montagna e' che nonostante la quota considerevole (3645 m), il sentiero per arrivare in vetta e' completamente esposto a sud ed in estate e' quasi sempre libero da neve.
Un grazioso rifugio poco sotto la vetta (Rif. Mantova, 3550 m, da poco completamente ricostruito) rende possibile dividere salita e discesa in due giorni diversi (per chi lo desidera o ... non ce la fa a tornare subito!)
Il sentiero e' facile (senza difficolta' alpinistiche e tratti pericolosi), ma non per questo comodo ...
In luglio-agosto si puo' approfittare di una cabinovia+seggiovia per raggiungere i 2300 m del Doss dei Cembri e da li partire per superare il "muro" che in 5,5 km sale di 1345 m (i piu' curiosi possono calcolare la pendenza media ... da panico! )
In altri periodi dell'anno (i miei preferiti ) si deve partire dal paese vecchio di Pejo, 1500 m slm, e il dislivello passa a 2100 m !!
La mia prima volta sul Vioz risale all'estate 1973, durante un campo scout in Trentino; giusto per inquadrare il periodo e il contesto ecco una mia foto durante la salita ... altri tempi (e senza barba!)
(l'ho ritagliata dalla foto di gruppo, non vorrei violare la privacy degli altri presenti nella foto)
Alla sera le nubi coprivano la vetta e non c'era molto da vedere.
Al mattino dopo, trascorsa la notte al rifugio, alle 5:30 eravamo gia' in vetta e ...
Ancora oggi mi emoziono a guardare questa foto; mi ricorda lo stupore di quel mattino nel vedere quelle fantastiche montagne innevate a portata di mano ... e il desiderio di proseguire oltre ed entrare in quel mondo misterioso e affascinante.
Uno di quei momenti che ti cambiano la vita e ti legano per sempre ad una passione ...
Due anni dopo, agosto 1975; con alcuni amici progettammo un folle giro a piedi su e giu' per i monti del Trentino;
tra questi il Vioz, con avvicinamento da Male' lungo tutta la Val di Sole e Pejo ... 40 km ... a piedi!!
Ora in Val di Sole c'e' una superstrada () e il traffico e' ben piu' intenso, ma allora il vecchio percorso entrava in ogni paesino della valle, con l'immancabile fontana d'acqua freschissima nella piazza centrale e nell'aria fragranza del pane appena sfornato ...
In questa foto siamo in alta Val di Pejo e il Vioz e' proprio lì, sullo sfondo ... la nostra meta per il giorno successivo.
Alla terza visita, nel 1977, ho anche realizzato il sogno di proseguire oltre il Vioz toccando in sequenza le cime del Cevedale, Gran Zebru', Ortles e uscendo dall'altra parte, a Solda (ne ho parlato in "Hintergrat").
In seguito sono ritornato molte volte sul Vioz, con molti compagni diversi (quasi mai due volte gli stessi, chissa' perche' ).
Molti pagano a caro prezzo le insidie di questo percorso; l'azione combinata di sforzo e quota provocano molto facilmente i sintomi tipici del mal di montagna, in grado di stendere anche baldi giovani che qua in pianura viaggiano a velocita' doppia rispetto alla mia
Anche Stefania ha provato l'emozione ... si e' molto divertita, ma le sue ultime parole sull'argomento sono state: "mai piu' !"
In queste due foto la mia accompagnatrice preferita, mia figlia Chiara (all'eta' di 9 anni) ...
La maggior parte delle salite e' comunque "solo", un'avventura tutta per me.
Spesso la salita al Vioz e' il momento che apre la stagione e mi permette di valutare su un percorso noto e impegnativo il mio stato di forma.
Altre volte ci torno quando ho bisogno di stare solo con i miei pensieri e "ricaricarmi"; in questi casi spesso comprimo l'intera escursione in un giorno solo; partenza alle 6 da VR, alle 9 a Pejo, alle 13 in vetta, alle 16 di nuovo a valle ...
I tempi e ogni dettaglio (sempre gli stessi orari, colazione sempre nello stesso posto (che strudel!), attrezzatura sempre uguale) sono scanditi come un rito.
Salire il Vioz e' per me qualcosa di molto simile a quello che per altri potrebbe essere (ad esempio) camminare verso Santiago de Compostela o qualcosa di analogo ... un "pellegrinaggio"
Queste foto sono piu' recenti (2003) e danno un'idea dell'ambiente.
Salendo, verso ovest il sottogruppo delle 13 cime
Le due punte del Cevedale (ZufallSpitze, cioe' monte a due punte, in tedesco)
Il Palon de la Mare e, sullo sfondo, il versante sud-est del Gran Zebru'.
Io e mio nipote; ok, non ci faccio una gran figura , in dialetto veneto si direbbe che sono un po' "tarusoto" (intraducibile, ma gia' la parola, pronunciata con la "s"sorda alla veneta, rende l'idea) ... comunque e' da tener presente che mio nipote e' alto quasi 1,90 ...
Due zoomate verso valle, giusto per dare un'idea dei dislivelli ... la costruzione nell'ultima foto e' il Doss dei Cembri, 1350 m piu' in basso; Pejo e' ancora altri 800 m piu' giu'.
Ok, allora ecco l'idea ... prossima cena piccante al Rifugio Mantova del Vioz ... i peppers li porto io
La ferrata "Fiamme gialle" raggiunge la vetta della Palazza Alta sul Monte Pelsa (2255 m).
E' una ferrata abbastanza recente (1981) e ancora poco conosciuta, piuttosto impegnativa per difficolta' e lunghezza (in particolare il ritorno).
Pur sviluppandosi ad una quota relativamente bassa ha tutte le caratteristiche delle grandi ferrate dolomitiche; ambiente severo e selvaggio, esposizione, difficolta' e ... viste mozzafiato.
La Palazza Alta di eleva sul settore destro della imponente muraglia occidentale del Monte Pelsa.
La parete e' complessivamente piuttosto inclinata e non opprimente, nonostante sia in ombra per tutta la mattinata.
Solo all'avvicinarsi della cima si e' raggiunti dal primo sole.
Nelle foto si intuiscono altri due escursionisti, gli unici che ho incontrato in tutta la giornata.
Dalla vetta la vista spazia a 360°.
Alle spalle c'e' la mole imponente del Civetta e la Moiazza (v. l'articolo sulla ferrata Costantini).
Verso ovest si domina la Val Cordevole e il paese di Cencenighe Agordino ... sembra proprio che basti fare un passo per tuffarsi nel lago ...
La vetta in realta' ... non c'e'; il versante est e' un immenso pianoro erboso che digrada dolcemente verso valle.
Il silenzio e' irreale, un posto perfetto per un'oretta di completo relax spaparanzato al sole.
Peccato che l'erba invitante nasconda anche qualche insidia; solo al ritorno a casa, tutto insaponato in doccia, ho scoperto di aver "raccolto" un ospite indesiderato, una piccola zecca dei boschi (Ixodes ricinus); l'incontro ravvicinato mi ha provocato una certa apprensione perche' il bellunese e' una delle aree critiche per la presenza di zecche "infette" e il morso di questi aracnidi puo' provocare un bel po' di problemi, malattie da batteri (Tularemia, Malattia di Lyme, Rickettsiosi, Febbre Q) e da virus (encefaliti, febbri emorragiche).
Solo dopo 40 giorni senza sintomi ho potuto tirare un bel sospiro di sollievo.
La prima parte della discesa e' immersa nel verde ...
... poi ci si avvicina alle torri del Civetta
Dopo aver aggirato verso nord l'intero crinale del Pelsa si imbocca il ripido canalone per la discesa, un lungo percorso che mette a dura prova le gambe ormai stanche.
Infine si entra nel bosco, ormai vicini al punto di partenza ...
Peccato non poter approfittare di questo idilliaco "chalet" per una pausa ... la panchina proprio di fronte alla capanna era gia' occupata da un altro escursionista che ... ronfava beatamente
Il settore nord-est del Carega e' la parte piu' complessa e selvaggia del gruppo; un intricato labirinto di gole e canaloni sovrastati da pareti mozzafiato e vette aguzze.
Qui negli anni venti-trenta sono state scritte pagine importanti nella storia dell'alpinismo;
eroi dell'alpinismo romantico come Gino Solda', Raffaele Carlesso e Severino Casara aprirono su queste guglie vie storiche di elevata difficolta' (per l'epoca) come allenamento prima di lasciare il loro segno nelle piu' rinomate pareti dolomitiche.
Il sentiero alpinistico del Vaio Scuro e' il percorso ideale per addentrarsi in questo mondo fatato.
Purtroppo non ho foto recenti di questo percorso; le immagini che seguono sono state scannerizzate da foto su carta e la qualita' e' piuttosto scarsa (prometto che rimediero' alla prima occasione con foto digitali nuove di zecca)
Per chi arriva dalla Val d'Illasi, occorre prima di tutto raggiungere il rif. Scalorbi e poi scendere nel versante vicentino (verso est) lungo uno ripidissimo canalone.
Lo spettacolo del sottogruppo delle guglie del Fumante e' impressionante; tra tutte spicca la parete del Torrione Recoaro e si intuiscono i numerosi canali che risalgono tra le pareti.
Si attraversa il bosco puntando alla base delle pareti
Si risalgono molti ripidi canali fin dove e' possibile; quando un canale si perde contro le pareti verticali, si traversa in orizzontale per raggiungere il canale successivo spostandosi gradualmente verso nord.
Alcuni tratti particolarmente insidiosi sono attrezzati.
Alla fine si raggiunge l'antro dove inizia l' orrido Vaio Scuro (la definizione non e' mia, ma di G.Pieropan, autore di una storica guida sul gruppo).
I primi metri sono bui e spesso bagnati; occorre quasi strisciare tra le rocce per superare il primo tratto verticale ed entrare nella stretta gola che forma il Vaio vero e proprio.
La gola risale strettissima tra due alte pareti; la difficolta' e' modesta, ma lo scenario veramente impressionante (le foto non rendono l'atmosfera).
Al termine del Vaio un lungo sentiero risale un ripidissimo ghiaione (Giaron dela Scala) e poi segue un'esile cresta fino al crinale che separa il versante vicentino (est) e quello veronese.
Nell'occasione in cui ho scattato queste foto non ho seguito la via del ritorno, ma sono sceso fino ad incontrare il sentiero che aggirando il gruppo verso nord permette di raggiungere un altro famoso percorso alpinistico, il Vaio dei Colori (argomento di un prossimo post).
Quel giorno (27 agosto 2000) e' per sempre nei miei ricordi piu' belli; una fantastica cavalcata attraverso buona parte del gruppo del Carega: Vaio Scuro-Vaio dei Colori-Cima Carega-Sentiero alpinistico Poiesi (in discesa) ... tre escursioni classiche concatenate insieme per un totale di almeno 30 km e 2000 m di dislivello.
Ho ripetuto moltissime volte il Vaio Scuro, nell'arco di 30 anni ... da solo, con amici fidati, con mia figlia ... ogni volta e' emozionante come la prima; trovo sempre nuovi spunti per lasciarmi stupire ed incantare da questo angolo selvaggio di paradiso.
PS.
Nell'ultima mia visita al Vaio Scuro (settembre 2007, con mio nipote e un amico) ho assistito ad una spettacolare operazione di salvataggio.
Poco prima del nostro passaggio, un escursionista era caduto proprio a meta' del vaio fratturandosi una gamba.
E' doveroso un riconoscimento e un ringraziamento ai membri del soccorso alpino che hanno trasportato l'infortunato in barella lungo tutta la parte inferiore del vaio (difficile!) e al pilota dell'elicottero che ha effettuato un aggancio proprio all'imbocco del salto verticale iniziale, con le pale a pochi metri dalle rocce! (in pratica immaginate un elicottero nello spicchio di cielo che si vede nella 7a foto)
Bravi!
Questa escursione e' doppiamente interessante ...
riunisce la salita ad un'altra grande ferrata classica (tra le piu' difficili dei monti pallidi) e un percorso stradale mozzafiato proprio nel cuore delle Dolomiti: Passo Pordoi, Passo Sella, Passo Gardena.
La ferrata "C.Piazzetta" al Piz Boe' e' una delle piu' temute.
I primi 100 metri (di dislivello) sono veramente impegnativi; la parte alta e' piu' semplice, ma in molti tratti non attrezzata (roccette di 1° e 2° grado).
Gia' a tarda sera, salendo in auto al passo Pordoi, un momento eccitante ... evitato per un pelo un frontale con un cervo che scorazzava in mezzo alla strada!
L'alba promette bene ...
Il primo sole sulle rocce mentre mi avvicino all'inizio della ferrata
Il tratto piu' impegnativo termina all'altezza del ponte sospeso che si intravede nella spaccatura in alto al centro
Ecco il ponte, niente di particolare (avrei preferito due semplici corde d'acciaio, una per i piedi e una per le mani e la sicurezza ... un po' piu' acrobatico )
Verso la vetta
La Capanna Fassa, proprio in vetta al Piz Boe'.
Era ancora molto presto, circa le 10 del mattino ... Nonostante in giro non ci fosse ancora praticamente nessuno, gli inservienti erano indaffaratissimi a preparare i tavoli ecc
Non ero mai stato su questo gruppo montuoso e questi preparativi suscitavano qualche perplessita' ...
Non avevo considerato che "dall'altra parte" una cabinovia scarica in quota una marea di gente!
Mentre scendevo tutto mi e' diventato piu' chiaro
Il facile sentiero che raggiunge la vetta del Piz Boe' sembrava un vero formicaio
(ero semplicemente arrivato in vetta troppo presto)
Il passo Pordoi dalla vetta
L'altopiano del Sella, un paesaggio un po' lunare
Il rientro; una vista d'insieme del versante sud del Piz Boe'
Conclusa l'escursione, di solito inizia la parte piu' noiosa, il rientro in auto ...
ma non in questo caso!
Percorrere la strada che dal passo Pordoi tocca il P.Sella e il P.Gardena e' un'emozione e puo' richiedere un tempo lunghissimo ...
ad ogni curva si presenta un nuovo scorcio da cartolina ed e' fortissima la tentazione di fermarsi e scattare nuove foto.
Un vero spettacolo!
Alcuni scorci del gruppo del Sella
Il Sassolungo
La Marmolada
Lo spazio per gli allegati e' esaurito, come (forse) la pazienza di chi legge ...
Peccato non poter pubblicare tutte le foto che ho scattato quel giorno e peccato (soprattutto) che io non sia in grado di fare delle foto veramente degne di queste fantastiche montagne .
Nell'estate 2007 mi sono avventurato un po' piu' a est del solito, oltre le Dolomiti.
La Carnia mi e' piaciuta molto; quote relativamente modeste, ma pareti che non hanno nulla da invidiare alle piu' celebri vette dolomitiche.
La roccia dei monti che ho visitato e' un calcare bianco molto compatto su cui arrampicare e' un vero piacere.
Le ferrate della zona sono interessanti, ben progettate e realizzate.
La mia preferita e' stata la via "Senza confini" alla Creta di Collinetta, appena ad ovest del passo di Monte Croce Carnico che separa Italia e Austria (si lascia l'auto proprio di fronte al ristorante-pensione "da Ottone" , niente a che vedere con la nostra Daniela).
Il sentiero di avvicinamento alla ferrata percorre (tra l'altro) la suggestiva galleria dello Schulter.
La galleria, lunga 183 m con un dislivello di 110 m, e' interamente scavata nella roccia; e' stata realizzata nel 1916 per collegare le postazioni del monte Cellon.
Su questi monti sono ancora ben presenti le tracce dei combattimenti della prima guerra mondiale; nella zona e' anche possibile visitare vari musei sulla grande guerra, cimiteri di guerra e altre vestigia storiche (da entrambi i lati del confine).
La ferrata corre proprio sul filo del confine; percorrendola si passa continuamente dall'Italia all'Austria e viceversa; il nome e' proprio perfetto!
Ecco come al solito qualche foto ...
Ancora un intermezzo ...
Mi piace molto questo filmato; illustra perfettamente il processo di ripetuti tentativi che portano alla realizzazione di una difficile via di arrampicata sportiva.
Il "volo" e' parte essenziale del gioco, ma la sicurezza e' sempre garantita dall'alto numero di ancoraggi e dalla bassa probabilita' di contatto con la roccia durante la caduta.
Val la pena di evidenziare che gli ancoraggi servono solo per limitare la caduta, non devono essere utilizzati come mezzo di progressione e nemmeno come punto di riposo.
Il protagonista, Chris Sharma (l'abbiamo gia' visto su La Rambla) e' uno dei top climber di questi ultimi anni e si distingue sempre anche per l'elevata qualita' dei filmati ...
Chi ha piu' di 40 anni ricordera' senz'altro le mitiche "scarpe da ginnastica" blu con la "V" bianca ...
La Tepa Sport era nata negli anni '50 ed era diventata famosa anche per le scarpe da calcio utilizzate da molti campioni negli anni 60-70; era poi sparita di scena nei primi anni 80, probabilmente messa fuori mercato dall'arrivo di marchi ben piu' potenti ...
Con una semplice ricerca online si puo' verificare quanta nostalgia ci sia ancora per quelle scarpe (e quel periodo) ...
E' recente la notizia di un tentativo di far rivivere il marchio.
Un tentativo simile si era gia' verificato nel 2001, ma era poi finito nel nulla ...
In quell'anno la rinata Tepa Sport aveva indetto una specie di "concorso" online per assegnare mensilmente un paio di scarpe a chi avesse inviato le piu' belle foto d'epoca in qualsiasi modo collegate alle mitiche scarpe.
Ecco le foto ed il breve testo accompagnatorio che avevo inviato nell'agosto 2001; mi avevano fruttato un bel paio di scarpe Tepa "originali" nuove di zecca .
Le foto sono state scannerizzate dagli originali su carta, la qualita' e' quel che e'; naturalmente sono state scelte piu' per la visibilita' delle scarpe che per motivi estetici ...
Come si vede, alla fine c'e' un legame con l'argomento del blog.
Un po' di nostalgia e' inevitabile guardando queste foto di quasi 30 anni fa ... (sigh )
La ferrata Tomaselli alla Punta di Fanes (2980 m) e' un'altra delle grandi ferrate classiche.
L'ambiente e' favoloso, proprio nel cuore delle Dolomiti; la roccia incredibile per saldezza e colorazione nei vari momenti della giornata ...
Ho salito questa via in una giornata stupenda e tiepida di inizio autunno, in un particolare "stato di grazia" e con una grande concentrazione e determinazione ... quando sono arrivato in vetta ho dovuto riguardare l'orologio piu' volte prima di realizzare che avevo impiegato praticamente un terzo del tempo previsto nelle guide.
Interessante anche la discesa, anch'essa in gran parte attrezzata ... non ci sono sentieri semplici per raggiungere questa vetta.
Ecco qualche foto (sono consapevole che le mie foto non sono granche', ma spero di riuscire ugualmente a suscitare emozioni o almeno il desiderio di conoscere meglio queste meravigliose montagne)
Il gruppo di Fanes da sud ...
... e, dall'altra parte del vallone di Travenzanes, la Tofana di Rozes da nord
Momenti della salita
Un omaggio alle mie fedeli Asics, compagne di tanti km ...
Come ho gia' scritto, non amo gli scarponi e li utilizzo solo quando e' strettamente necessario, cioe' ... quasi mai!
Da quando, tanto tempo fa, mi sono fotografato un piede per sbaglio, ho il vezzo di inserire sempre una foto di questo tipo nelle mie escursioni, quasi una (strana) firma ...
Il rientro nella civilta', al passo Falzarego.
L'avevo lasciato al mattino molto presto, completamente deserto ... vedere tante auto in un posto cosi' bello mi mette sempre un po' di tristezza ... vabbe' ...
La strada del rientro passa per Cortina, nella incantevole conca ampezzana ... una foto e' d'obbligo.
Alla prossima!
Un altro mito degli anni '80: Patrick Berhault.
Arrampicatore fortissimo, ma soprattutto elegantissimo ... la sua era una vera e propria danza sulla roccia.
Si trovano pochi filmati di Patrick in azione, ma c'e' in circolazione l'interessantissimo film "Metamorfosi" in cui Patrick emerge dall'acqua (letteralmente) e inizia ad arrampicare sulle scogliere con gesti incredibilmente armoniosi ed eleganti, passando attraverso varie metamorfosi fino allo stadio finale con corda e tutto l'armamentario del climber evoluto.
Una piccola parte del film e' visibile nella seconda parte di questo "omaggio a Berhault"
Perfetto l'abbinamento del gesto atletico-estetico con la canzone di Janis Joplin ...
Il Civetta e' una delle vette piu' note delle Dolomiti, raggiungibile solo tramite difficili vie di roccia o impegnative ferrate, la via ferrata degli Alleghesi e la Tissi.
Il mio obiettivo era salire la prima e scendere la seconda, ma poiche' sono salito in scarpette da trail running (come mia abitudine, odio gli scarponi e il modo innaturale di muoversi a cui costringono), un po' di neve inattesa sul versante da cui sarei dovuto scendere mi ha costretto a cambiare i piani e a percorrere la Alleghesi anche in discesa ...
In tutto quasi 2 km di ferrata, una salita/discesa interminabile!
Ecco il mio racconto fotografico:
Alla partenza c'e' solo l'imbarazzo della scelta su dove andare ... questo e' il Pelmo, altrettanto affascinante
L'ambiente e' severo, il tempo un po' incerto ...
Salendo ...
La vetta! (3220 m)
Un occasionale compagno (a destra) ... piu' interessato alle briciole del mio panino che al dialogo
A tratti la nebbia si apre ed e' possibile guardarsi un po' attorno.
In basso verso ovest il paese di Alleghe (che da il nome alla ferrata) e l'omonimo lago.
Scendendo ...
Un'altra salita indimenticabile ... appena in tempo!
Il giorno dopo una nevicata imbianca le Dolomiti centrali; nella foto la vetta della Marmolada fotografata con lo zoom da S.Fosca di Selva di Cadore.
Qualche giorno dopo ... due morti per il freddo in vetta al Civetta (agosto 2006) ... la montagna richiede sempre prudenza e rispetto!
Questa non centra con le montagne, ma e' un piacevole ricordo del soggiorno a S.Fosca ... la testiera del letto dipinta sul muro e' veramente carina.
La via ferrata Stella Alpina raggiunge la vetta dell'Agner (2871m) ed e' una delle grandi classiche delle Dolomiti; non particolarmente difficile, ma lunga, in ambiente severo e con un rientro complicato.
Dal piacevole paese di Frassene' una seggiovia consente di raggiungere facilmente il Rif.Scarpa; gia' l'Agner domina il paesaggio.
Avvicinandosi al rifugio, l'ambiente si rivela maestoso e solare
Ho salito la prima parte della ferrata cosi' concentrato da dimenticarmi completamente di scattare foto ...
Qui siamo gia' al termine delle difficolta', al bivacco Biasin; Giancarlo Biasin, leggendario e fortissimo arrampicatore dei primi anni 60 (morto nel 64 sul Sass Maor) e' nato e vissuto a 5 km da casa mia ...
In fondo si vede l'abitato di Frassene'
La vetta e' ormai a portata di mano
La vista dalla vetta e' spettacolare.
Il Civetta
Questa foto riunisce idealmente tre altre mie salite, la Palazza Alta (sulle rocce in basso a sinistra), La Costantini (in alto a destra) e la ferrata degli Alleghesi (sulla cima principale, al centro).
La Pale di S.Lucano
Questa volta non ero solo sulla ferrata e in vetta ... anche i camosci hanno i loro misteriosi sentieri e non disdegnano di visitare la cima.
La discesa e' molto complessa, un sentiero che percorre un ripidissimo canale (al centro, tra luce e ombra) e che richiede un'attenzione continua per un paio d'ore (nell'estate 2008 si e' verificato un incidente mortale in questo tratto).
E' possibile una discesa alternativa piu' facile, ma molto piu' lunga.
Si costeggia la parete salita al mattino
Un altro incontro (posto affollato!); questa femmina (munita di radiocollare) e' chiaramente incinta; si e' lasciata fotografare tranquillamente per poi allontanarsi piano piano ... forse consapevole che la piccola paretina di un paio di m che ci separava era insuperabile in tempi rapidi per un misero scalatore umano
Qui si vede meglio, ma ... il soggetto si e' mosso all'ultimo instante
Verso il rifugio, al termine di un'altra splendida giornata ...
In attesa di trovare il tempo per scrivere ancora qualcosa sulle mie modeste salite (magari Carega tour #2) vi segnalo questo piacevolissimo video.
Molto interessanti la roccia (arenaria), l'ambiente (Utah) e la tecniche necessarie (dulfer, incastro mani-piedi in fessura).
Molto brava ed elegante la protagonista Catherine Destivelle, un mito (al femminile) per la mia generazione ... un vero piacere (in tutti i sensi) vederla arrampicare ...
http://it.youtube.com/watch?v=nGNfeVAGxPY&...feature=related
Il primo commento e' perfetto: "poesia in movimento"
NB. Il filmato e' stato cancellato da youtube; ne rimane una piccola parte ...
http://it.youtube.com/watch?v=TspEapvPrwI
Ancora una parentesi sull'evoluzione dell'arrampicata sportiva ...
Si possono trovare in rete molti filmati su salite di elevata difficolta', ma e' difficile scegliere qualcosa di veramente emblematico, che renda l'idea anche ai profani di questo sport affascinante.
Questa realizzazione mi sembra si stacchi dalle altre per l'estrema atleticita' che la via richiede e per alcuni movimenti veramente spettacolari ... non perdetevi la giravolta alla Nureyev sotto lo strapiombo, appeso solo a due-tre dita ... (al minuto 2:35)
De l'autre coté du Ciel 9a Fred Rouhling
http://it.youtube.com/watch?v=F6Dp6wbkaF8
Quando si ha dimestichezza con un determinato argomento (in questo caso montagne, ferrate ecc) si tende ad adagiarsi nelle abitudini consolidate, a non tenersi piu' aggiornati ... e sfuggono notizie interessanti!
Cercando foto per questo blog ho scoperto che da qualche anno e' stata aperta una interessantissima ferrata sul gruppo dell'Ortles!
La via ferrata Tabaretta supera il salto roccioso tra il rifugio Tabaretta e il rifugio Payer, un'ottima alternativa al lungo e tortuoso sentiero che unisce i due rifugi.
Il dislivello e' circa 500m, la quota tra 2500 e 3000m.
Lo scenario e' fantastico; la tetra e repulsiva parete nord dell'Ortles e' proprio di fronte, la vetta dell'Ortles incombe, il Gran Zebru' e' appena piu' in la' ... tutto intorno montagne innevate ... la bellissima conca che contiene l'abitato di Solda la' in fondo, 1000 m piu' in basso.
http://www.tabaretta.com/tabarettahuette/it/klettersteig.php
http://users.south-tyrolean.net/seilschaft...ettaortles.html
Conosco bene il posto; scoprire che qui esiste una ferrata, per giunta molto difficile e relativamente poco frequentata (cosi' sembra) e' una piacevolissima sorpresa.
Stavo giusto meditando su dove trascorrere le brevi ferie in agosto ... ora non ho piu' dubbi: ancora una volta a Solda!
Detto-fatto ... albergo gia' prenotato ... non resta che tenersi in forma e sperare in un periodo di bel tempo.
Magari, se trovo un occasionale compagno sul posto, riesco anche a ripetere la salita dell'Hintergrat (a causa del rientro sul ghiacciaio crepacciato non e' consigliabile una salita solitaria); sarebbe perfetto.
Solda e dintorni offrono comunque un ambiente piacevolissimo anche per escursioni meno impegnative o semplici passeggiate; sentieri nei boschi, malghe isolate dove e' possibile assaggiare formaggi, speck e l'immancabile strudel .... mmmm, non vedo l'ora
Unico rimpianto, dovro' stare pochi giorni lontano dai peppers
All'inizio di questo blog ho promesso che vi avrei risparmiato articoli e commenti sulla mia grande passione per gli scacchi ...
Oggi devo fare un'eccezione.
E' di poche ore fa la notizia della morte di Bobby Fischer, indimenticabile campione mondiale nel periodo 72-75
Chi (come me) si avvicina ai 50 anni o e' ancora piu' maturo ricordera' senz'altro il clamore mediatico suscitato nell'estate 1972 dal suo incontro per il titolo mondiale contro il sovietico Boris Spassky.
In piena guerra fredda lo scontro sulle 64 caselle tra due titani di questo sport, il sovietico sostenuto dal regime contro l'americano tutto genio e sregolatezza, polarizzo' l'attenzione dei media per un'intera estate.
Moltissimi ragazzini impararono a giocare a scacchi in quei giorni, io sono uno di quelli.
Per tutti noi Fischer e' e sara' sempre un mito, l'eroe solitario e invincibile ...
Con il passare degli anni ho conosciuto meglio il personaggio, certo non facile per le sue enormi contraddizioni, e parte del mito si e' offuscata.
Ho pero' conosciuto piu' a fondo anche il campione; migliorando nel gioco ho potuto apprezzare meglio le sue enormi capacita', la genialita' di molte sue partite ...
Alcune sue realizzazioni sono "da brividi" ... penso in particolare, per chi se ne intende di scacchi, alle due immortali partite con D. e R.Byrne e alla fantastica mossa Tf6 contro Benko in un campionato USA ... ecco, per chi lo ha conosciuto basta solo il riferimento ad una mossa per far rivivere il mito dopo quasi 40 anni ...
Per tutte le emozioni che ho provato studiando e ammirando le tue partite ... Grazie, Bobby
No, non mi riferisco ad un volo in parapendio ... basta una in famiglia
Nella zona del Lago di Garda si puo' provare la sensazione di volare anche arrampicando su molte bellissime vie di roccia e su alcune splendide ferrate.
Tra le ferrate la piu' aerea e' sicuramente la "R.Pisetta" sul Dain Picol, proprio sopra l'abitato di Sarche e vicinissima al Lago di Toblino.
La Pisetta e' famosa (anzi famigerata) per la sua difficolta' ed esposizione; in molte guide e' indicata come la piu' difficile delle Dolomiti e/o delle Alpi e/o d'Europa.
In realta' e' tecnicamente un po' inferiore alla Segata sul Dos d'Abram, ma e' molto piu' lunga (circa 400 m) e verticalissima.
L'ho salita varie volte, l'ultima insieme a mio nipote Enrico.
Eccolo infatti nei primi metri, con l'espressione un po' stupita di chi "... questa non me l'aspettavo"
La difficolta' e' subito molto elevata
Dopo qualche incertezza, la forza e la determinazione permettono di superare il difficile tratto iniziale con sicurezza
La vista sul vicino lago di Toblino e' mozzafiato ...
... per non parlare di quella sulle case di Sarche
in questo tratto la roccia sembra svanita sotto i piedi ...
Un'altra notevole caratteristica della zona e' la bellezza della roccia, un calcare bianco, rugoso e molto compatto su cui e' un vero piacere posare le mani ...
Nagalone soddisfatto alla conclusione della via
Da notare i guanti "alla moda"
Pochi giorni prima mi ero spellato le mani sulla corda nuovissima e tagliente come un rasoio di un'altra ferrata (la relazione diceva "consigliato l'uso dei guanti"; perche'? boh ?!)
Costretto a utilizzare i guanti e non possedendo quelli appositi (mai usati prima), non ho trovato di meglio di questo grazioso modello da giardinaggio
Al termine della ferrata ci si ritrova in un altopiano dove sorge il piccolo, graziosissimo paese di Ranzo, una vera oasi di pace dove si respira un'aria d'altri tempi ...
Nell'insieme una escursione piacevole e stimolante, anche se preferisco l'ambiente dolomitico e la solitudine dell'alta montagna ...
Altre informazioni e foto qui: http://www.vieferrate.it/ferratapisetta.htm
Questa foto in particolare rende bene l'idea: http://www.vieferrate.it/pisettatraverso.jpg
Belle foto anche qui: http://www.horyinfo.cz/view.php?cisloclank...ta-rino-pisseta
La mia piu' grande aspirazione e' stata per molti anni riuscire a salire la parete nord del Gran Zebru' (o Konigspitze, cioe' monte del re) nel gruppo dell'Ortles.
Il Gran Zebru' (3857 m) e' imponente da ogni lato, ma la parete nord e' veramente impressionante; 1200 m di dislivello con molti tratti di pendenza a 70° e oltre.
Fino a pochi anni fa, a renderla ancora piu' temibile, dalla cima si protendeva sulla parete una immensa cornice di neve, cioe' una formazione di neve compatta che si forma nel lato sottovento per l'azione del vento, del freddo e del peso; quella del Gran Zebru' era così imponente da meritarsi un nome: la "meringa"
Dopo essersi progressivamente ridotta, la famosa meringa e' crollata nel 2001.
Il primo salitore (Diemberger, 1956) l'aveva letteramente "bucata" per salire direttamente sotto la verticale della vetta.
Come ho gia' scritto in "Hintergrat", la nord mi aveva affascinato gia' nel 1977 ... ma, per la difficolta' di essere sul posto (a 250 km da casa) con la parete in condizioni favorevoli e in una giornata di bel tempo, il sogno di salirla si e' avverato solo nella primavera del 1984.
In realta' la parete non era affatto in condizioni, troppa neve e troppo caldo ... ma non avrei sopportato di tornare ancora una volta a casa deluso ...
Io e il mio compagno avevamo previsto di rimanere un giorno intero al rifugio Citta' di Milano per acclimatarci, effettuando solo una ricognizione fino alla base della parete.
L'idea era di partire poi verso le 3 del mattino; ma ad ogni ora che passava eravamo sempre piu' impazienti e continuavamo ad anticipare la partenza ...
Alla fine siamo partiti alle 18 ! E' stata una vera fortuna perche' a causa delle pessime condizioni la salita ha richiesto un tempo infinito, ben 18 ore dal rifugio fino al rientro a Solda alle 12 del giorno successivo
In quella salita, forse per l'unica volta nella mia carriera alpinistica, ho rischiato molto piu' del dovuto ... nella parte alta della parete la neve era inconsistente; spesso oltre alla punta della piccozza penetrava l'intero manico e ... buona parte del braccio ... su pendenze superiori a 70° !
In tali condizioni anche gli ancoraggi alle soste erano precari, assolutamente non in grado di bloccare una caduta.
Sarebbe bastato un piccolo cedimento del manto nevoso per finire entrambi sul ghiacciaio centinaia di metri piu' in basso
Fortunatamente alla fine tutto e' filato liscio
Unico rammarico, essere stati costretti a uscire sulla cresta molto a destra della cima, aggirando la meringa (peraltro gia' molto ridotta).
Conservo sempre vivo il ricordo di questa parete incredibile.
Ogni volta che mi reco a Solda (un posto perfetto per le vacanze!) e salgo al rifugio proprio di fronte alla parete, la ammiro a lungo e sono orgoglioso di essere salito "proprio la' in mezzo"
Le foto parlano da sole ...
(come al solito non ho mie foto recenti in formato digitale; queste sono prese dal web, spero gli autori siano contenti che altri abbiano l'occasione di ammirare le loro foto)
La difficolta' delle ferrate e' sempre relativa, niente a che vedere con l'arrampicata vera e propria.
La valutazione e' anche in qualche misura soggettiva, quindi la mia personale classifica puo' essere diversa da altre piu' o meno ufficiali.
Per stilare una graduatoria occorre tener conto di tanti fattori: lunghezza, quota, isolamento, continuita', esposizione, attrezzatura (staffe, pioli ecc) ...
Da un punto di vista puramente tecnico, tenendo conto solo della difficolta' dei singoli passaggi e della loro continuita', la ferrata a mio avviso piu' difficile e' la "Segata" al Doss d'Abram sulle Viote del Bondone.
L'ho percorsa due volte; la prima volta e' stata una vera sorpresa perche' la Guida che avevo consultato e' decisamente sbagliata; l'autore ha chiaramente confuso la ferrata vera e propria con un facile tratto di sentiero attrezzato che si percorre in discesa sull'altro versante del monte!
La Guida in questione e' molto diffusa e questo errore ha sicuramente contribuito a mantenere relativamente poco famosa e conosciuta la ferrata (oltre che a giocare un bello scherzo a piu' d'uno ...).
A dire il vero avevo letto anche notizie molto diverse, ma come mettere in dubbio una guida prestigiosa ?! ...
La ferrata e' in realta' molto dura, seppur brevissima (100 m) e con una possibilita' di fuga a meta'.
La corda d'acciaio sale sulla parete verticale e a tratti strapiombante con pochissimi pioli aggiuntivi (e non nei punti piu' difficili); e' necessario un discreto sforzo di braccia (o una gran tecnica di arrampicata per sfruttare bene l'appoggio dei piedi).
L'ambiente dove si eleva il Doss d'Abram e' particolare e piacevole.
Risalendo la Val d'Adige, poco prima di Trento si devia a sinistra e si sale per una bella strada fino alla localita' turistica Viote del Bondone, una zona con alcune vette erbose, grandi prati e un'unica cima rocciosa che spunta come un fungo nel verde del paesaggio, il Doss appunto.
Ecco un paio di foto che danno l'idea dell'ambiente (realizzate, a differenza delle altre, nella mia seconda visita); nella prima in basso a sinistra si vede Stefania che mi ha accompagnato per un tratto ... ,
nella seconda sullo sfondo le Dolomiti di Brenta.
Alberi e prati sono vestiti con i colori autunnali.
Il giro che comprende la ferrata si svolge su una cresta a "ferro di cavallo" che tocca varie cime.
Il Doss era coperto dalle nuvole mentre mi avvicinavo, solo quando ormai ero vicino ... eccolo!
Man mano che la distanza diminuiva, ero sempre piu' perplesso sulle indicazioni della Guida ... le foto non coincidevano e non riuscivo a capire dove saliva la ferrata (e' sulle rocce a sinistra della foto)
Alla fine ecco un cartello! Una mano pietosa ha aggiunto una indicazione preziosa ... "estrema" !
(e' un mistero come sia riuscito a non inquadrarlo tutto da un metro di distanza )
L'attacco e' originale; il cavo d'acciaio si infila in un buco ...
Nessuna foto nella prima parte, veramente senza respiro.
All'inizio della seconda parte (dopo una breve cengia tramite la quale si puo' eventualmente uscire dalla parete) si intuisce che il seguito e' impegnativo (le foto dal basso non rendono la verticalita').
Superato il tratto piu' impegnativo, c'e' tempo per un'altra foto.
Anche l'uscita, come l'inizio, passa da un buco ...
Ecco sbucare (letteralmente) un altro appassionato, salito dopo di me (nella mia seconda visita invece ho salito la ferrata molto tardi al pomeriggio, in perfetta solitudine)
Vista sulla Val d'Adige ...
Sceso dall'altro lato del Doss e superato un facile tratto attrezzato, l'errore della Guida diventa evidente ... Questa foto corrisponde a quella pubblicata (con tanto di tracciato della via) ...
Il Doss dalla vetta del Cornetto che chiude il lato corto del "ferro di cavallo".
In secondo piano, a sinistra, la Cima Verde (che bel nome).
Il vallone centrale
Un facile sentiero scende sull'altro lato lungo e porta in breve ai prati iniziali
Un'escursione piacevole in ambiente rilassante ... la ferrata aggiunge giusto quel po' di piccante che non guasta mai ... (in questo caso il po' di piccante e' pero' praticamente un Naga )
Altre belle foto e note qui: http://www.vieferrate.it/ferratasegata.htm (su questo sito si trovano relazioni per quasi tutte le ferrate che descrivo)
Un intermezzo escursionistico ... un tour nella zona nord-ovest del gruppo del Carega, la mia montagna "di casa".
L'escursione si svolge in parte nella zona piu' selvaggia del gruppo, la' dove si incontrano solo rari esemplari di "lonewolf"
Risalendo la Val d'Illasi si arriva al paese di Giazza, antico centro dei "cimbri" (c'e' un interessante museo) e piu' su al rif.Revolto, 1350 m.
Per una larga strada sterrata prima e poi per ripidi sentieri tra i prati si arriva rapidamente (dipende ...) al rif.Fraccaroli, 2250 m circa, appena sotto la cima principale del gruppo.
Questo tratto e' sempre piuttosto affollato e, almeno nella prima parte, un po' noioso ...
Dal rif.Fraccaroli la vista verso il Pasubio e tutti i monti del Trentino-Alto Adige e' notevole.
Oltre il rif.Fraccaroli verso nord-ovest cambia tutto; pochi escursionisti nei pressi del rifugio, poi piu' nessuno ... scenari tipicamente alpini.
Alcuni grandi e ripidi vaj (canaloni) percorrono il versante nord del gruppo, verso la Vallarsa ...
L'escursione scende per uno di questi vaj e risale da un'altro.
Dopo essere saliti fino a 2250 m ci vuole una certa determinazione per scendere di nuovo fino a meno di 1000 m slm dall'altra parte del gruppo rispetto a casa.
Raggiungendo l'inizio del Vallon dei Cavai si passa davanti a quello che sara' il vajo percorso in salita, il Vajo Pisavaca (si, il senso del nome e' proprio quello che anche i non-veneti possono intuire ...)
Si puo' vedere il sentiero che risale in stretta serpentina il ghiaione.
Ecco l'inizio del Vallon dei Cavai ... si scendeee!
Scendendo l'ambiente si fa piu' selvaggio ... qui ho incontrato un branco di una dozzina di camosci; purtroppo la macchina fotografica era nello zaino e questi splendidi animali sono molto veloci ... (ma in altre escursioni ho preso foto molto ravvicinate).
Sullo sfondo la Vallarsa.
Una gola laterale rende l'idea del tipo di ambiente.
Ormai a bassa quota; la vegetazione e' quella tipica delle zone pietrose di media montagna, con prevalenza di salicacee.
Una strada asfaltata ?!
E' un residuo degli anni 70, quando si pensava che si potesse/dovesse arrivare in auto dappertutto ...
La strada doveva unire il rif.Campogrosso (nel vicentino) con l'abitato di Obra in Vallarsa, passando proprio sotto una delle zone piu' incontaminate del gruppo montuoso ... fortunatamente non e' mai stata completata ed e' chiusa ... permette di spostarsi facilmente da un vajo all'altro, "riposando" un po' le gambe prima della nuova salita ...
L'inizio del vajo Pisavaca; dalla roccia centrale spesso scende una cascatella d'acqua, da cui (con un po' di fantasia) il nome ...
Il vajo sale per 1200 m di dislivello senza compromessi (= dritto!).
Pian piano la vegetazione cambia di nuovo e ancora i pini mughi diventano predominanti.
In alto il paesaggio diventa alpino; un bel circolo glaciale, con tanto di residuo nevoso al centro, nonostante fosse piena estate (2004).
Alle spalle, verso nord, il Pasubio, teatro di tante battaglie nella prima guerra mondiale.
Si intravede finalmente l'uscita ...
Il vajo Pisavaca dall'alto.
La giornata limpidissima regala una splendida vista sulla Lessinia (la zona di media montagna a nord di Verona) ... sullo sfondo si intravede anche la parte inferiore del Lago di Garda (distante almeno 50 km in linea d'aria).
Uno spuntino e un riposino e ... via per una nuova discesa, stavolta dalla parte "giusta" verso casa.
Un'escursione impegnativa (7 ore a ritmo andante con brio , oltre 2000 m di dislivello ), ma appagante ...
A presto per il Carega Tour numero #2, la complessa zona nord-est.
La ferrata Costantini, sulla cima Moiazza sud nel gruppo del Civetta, e' unanimemente considerata la ferrata piu' completa delle Dolomiti, l'universita' per i ferratisti.
Non ci sono singoli passaggi particolarmente difficili (anche il famoso passaggio chiave e' molto piu' semplice di altri passaggi su varie altre ferrate), ma la lunghezza e' veramente esagerata e la difficolta' sempre sostenuta.
Nonostante una forma fisica ottimale, una giornata splendida e l'attrezzatura leggera, mi ci sono volute 8 ore piene per completare il giro (con partenza e rientro a Passo Duran).
Ho tuttora un ricordo meraviglioso di quell'esperienza; spero di riuscire a trasmetterne almeno una minima parte a chi legge ...
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L'attacco e' relativamente vicino alla strada (meno di un'ora a piedi dal Passo Duran) e il rifugio proprio sotto la ferrata era chiuso per ristrutturazione (nel settembre 2005).
In questi casi di solito arrivo sul posto la sera tardi e dormo in macchina (una station wagon, ci si sta comodi con materassino gonfiabile e sacco a pelo).
La notte prima di un'avventura e' un momento magico di introspezione e concentrazione.
Al mattino presto la giornata promette bene
Il sole accarezza le rocce piu' in alto mentre ancora arrampico nell'ombra
Una vista d'insieme della parte centrale della prima parte della salita.
In basso al centro c'e' il famoso passaggio chiave, un traverso con scarsi appoggi per i piedi in cui bisogna tirare un po' sulle braccia ... niente di particolare, anche se in generale e' molto temuto.
Una vista della vetta della Palazza Alta (Monte Pelsa), la cima coperta di mughi in primo piano; dall'altro lato una parete verticale di 1000 metri dove passa la ferrata Fiamme gialle (argomento di un prossimo capitolo).
La foto e' praticamente speculare a quella che apre il primo capitolo di questo blog; in quel caso la foto era sul gruppo Civetta/Moiazza dalla cima della Palazza Alta.
Per un tempo interminabile si continua a salire per canali, camini, ripide paretine.
Poi la parete si apre ... a ben guardare in mezzo alla foto ci sono un paio di altri alpinisti ... gli unici che ho visto in tutta la giornata; le ferrate famose sono piuttosto frequentate (anche se difficili) ... potersele gustare in solitudine e' un valore aggiunto.
Alla fine si arriva in cima ...
... alla prima parte.
La cima della Moiazza e' infatti ancora lontana, proprio di fronte ... in mezzo un facile sentiero di cresta e poi ancora pareti ...
Lo sguardo spazia tutto intorno ... in primo piano l'imponente mole del Pelmo.
La discesa inizia con la famosa Cengia Angelini, una strada orizzontale in mezzo a pareti impressionanti
Poi si scende per un tempo interminabile lungo un canale sempre ben attrezzato ... ma la stanchezza inizia a farsi sentire.
Alla fine si chiude un anello completo passando vicino all'attacco della ferrata; c'e' il tempo per una foto d'insieme della prima parte
Ecco infine uno schema dell'intera ferrata (fonte www.paretiverticali.it)
Ho sempre ammirato chi sceglie di vivere "intensamente" e (le due cose sono spesso correlate) pericolosamente
So che e' difficile capire chi mette a rischio la propria vita per semplice "sport", ma in fondo la mettiamo in gioco ogni giorno semplicemente guidando un'auto e senza nemmeno avere "emozioni" in cambio.
Tra tutti quelli che hanno scelto l'adrenalina come costante compagna di vita, Dan Osman mi sembra uno dei piu' pazzi degli anni '90.
Arrampicate senza corda, speed-climbing e salti di tutti i tipi legato ad una corda da arrampicata erano le sue specialita' ... nel '98 qualcosa ando' storto nell'ultimo salto ... (il penultimo era stato una interminabile caduta di oltre 300 m).
Questo filmato rende l'idea (vale la pena guardarlo tutto!)
http://it.youtube.com/watch?v=viy9pWTGNys&...feature=related
Chissa' se amava anche assaggiare peperoncini super-hot
Agosto 1977 ...
Appena conclusi felicemente gli esami di maturita', con alcuni amici progettai una traversata del gruppo dell'Ortles-Cevedale da Pejo a Solda, con l'intento di toccare le cime principali rimanendo per molti giorni sempre sopra i 3000 m.
Le mie esperienze in montagna erano molto limitate, ma le montagne erano un mondo misterioso e affascinante che mi attirava irresistibilmente ...
Non avevo ancora preso in considerazione l'arrampicata su roccia; le montagne che avevo in mente erano "nevose".
Tutto bene nei primi giorni della traversata; Vioz, Cevedale ... Brutto tempo invece nel giorno previsto per la via normale al Gran Zebru' ...
Nel pomeriggio mentre scendevamo dal rif.Casati verso il bivio per il rif.del Coston, alla nostra sinistra pian piano compariva sempre piu' impressionante la parete nord del Gran Zebru' ... devo aver camminato per km con lo sguardo fisso e la bocca aperta per la meraviglia.
Quella parete sarebbe stata il mio sogno nel cassetto per quasi 10 anni ... ma questa e' un'altra storia e un altro capitolo del blog
La nostra meta per il giorno successivo era il Coston di dentro dell'Ortles (Hintergrat).
Adesso, a distanza di tanti anni e con tanta esperienza, mi rendo conto di quanto temeraria fosse stata l'idea di salire quella via senza alcuna esperienza e con scarsa attrezzatura; tuttavia l'entusiamo era immenso e le capacita' fisiche al massimo (18 anni!) ... niente mi sembrava impossibile!
I miei 4 amici non erano pero' proprio dello stesso parere ... gia' la sera al rifugio, al cospetto di sua maesta' l'Ortles (3905 m), l'incertezza si insinuava nel gruppo.
All'alba (per vie di questo tipo di parte alle 4) due erano cosi malandati (mal di schiena e dolori alla pancia) da dover rinunciare.
Gli altri due resistettero alcune ore su per il pendio nevoso (ora pietroso) che costituisce la prima parte della salita; poi, su un passaggio un po' piu' difficile, decisero che non sarebbero saliti un metro in piu' ...
Come ho gia' detto, quel giorno nulla avrebbe potuto fermarmi; credo sia stato uno dei giorni piu' "magici" della mia vita.
Cosi', avendo visto che comunque c'era anche un'altra cordata in parete, una coppia di fidanzati tedeschi, lasciai ai due "amici" tutta l'attrezzatura e continuai da solo.
In poco tempo raggiunsi i due tedeschi e un po' in inglese un po' a gesti chiesi se potevo unirmi a loro e utilizzare la loro corda nei punti piu' critici ...
Il resto della salita e' scolpito per sempre nel mio cuore; la via e' veramente spettacolare, in certi tratti sembra di essere su una cresta himalayana!
Il mio entusiasmo era irrefrenabile, semplicemente quel giorno "volavo".
A mezzogiorno in punto il trio improvvisato raggiunse la vetta e verso le 17 il rifugio Payer sull'altro versante del monte.
La' aspettavano i miei amici, ormai ristabiliti dai piccoli malanni; ricordo bene il loro sguardo invidioso, mi ha insegnato che a volte bisogna "osare".
Unico rammarico, non ho foto di quel periodo e non ho nemmeno foto digitali recenti di quei monti (solo stampate).
Queste le ho trovate in Internet, spero che i legittimi proprietari non se la prendano
Gran Zebru, Zebru e Ortles da sud
Una vista della Hintergrat (guardando indietro sul tratto appena percorso)
Cercando altre foto ho trovato un bel servizio fotografico completo sulla via; vale la pena visitarlo e ingrandire le splendide immagini:
http://www.climberland.net/hintergrat/hintergrat_it.htm
Ci sono anche due spettacolari viste sulla nord del Gran Zebru ... durante l'ascesa dell'Hintergrat ero certo che un giorno l'avrei scalata, pero' ... il resto alla prossima puntata
Tra i molti "top climbers" attivi nei primi anni '80 uno tra tutti merita in particolar modo di essere ricordato: Patrick Edlinger.
In quegli anni era per me un vero mito.
Il suo stile fluido anche nei passaggi piu' difficili e' un modello ancora oggi.
I numerosi film di arrampicata di cui e' protagonista sono interessanti per la difficolta' delle vie, lo stile con cui sono superate e anche per le tecniche cinematografiche sicuramente innovative all'epoca.
Ecco alcuni esempi ... (la qualita' non e' eccellente, si tratta di film di oltre 25 anni fa)
Una spettacolare salita "solo" nello stile piu' perfetto ... niente corda ... via anche le scarpe!
http://it.youtube.com/watch?v=dRSRsO9QbQc&...feature=related
Un film vero e proprio (in tre parti): Opera vertical
http://it.youtube.com/watch?v=iQs3XMYDucs
http://it.youtube.com/watch?v=QPbfqKFFuQs&...feature=related
http://it.youtube.com/watch?v=T4tzXZXyBTM&...feature=related
Una parte di un altro film: La vie au boit des doigts (La vita sulla punta delle dita)
http://it.youtube.com/watch?v=HzIo2IleE-c&...feature=related
Per finire, un po' di allenamento ...
http://it.youtube.com/watch?v=rX1xBJgCpeo&...feature=related
Non sono particolarmente adatto per giudicare, ma a occhio e croce direi che anche le dolci fanciulle per nulla interessate all'arrampicata potrebbero trovare piacevoli questi filmati, soprattutto l'ultimo ...
Il monte Casale si trova nella valle del Sarca, a nord della punta del lago di Garda e in prossimita' del lago e castello di Toblino.
La parete e' immensa, un catino di bianco calcare alto 1 km e largo 1,5 km.
Non e' un monte molto famoso, ma suscita in me ricordi particolari ...
Tra Natale e capodanno 1980 ho salito su questa parete (nel settore destro, piu' verticale e impegnativo) una lunghissima via aperta negli anni '30 e mai ripetuta; a causa della brevita' delle giornate invernali la salita ha richiesto due giorni, con una interminabile notte fermi in parete (dalle 17 alle 7 del mattino successivo).
Una vera avventura!
Peccato che proprio negli ultimi 50 m la stanchezza e la ormai scarsa concentrazione mi abbiano giocato un brutto scherzo; un attimo di disattenzione e ... yahoooooo! un bel volo di circa 25 metri (l'unico della mia carriera) .
Nessuna conseguenza grave, ma contusioni ed escoriazioni un po' dappertutto e una caviglia fuori uso che ha reso molto problematico il rientro.
(tra parentesi dopo una decina di giorni dovevo partire per il servizio militare; grazie a questa storia sono riuscito a trascorrerne una buona parte in convalescenza; non tutto il male vien per nuocere ).
Ora il settore sinistro della parete e' percorso da una via ferrata denominata "Che Guevara".
Non e' difficile, ma lunghissima e con un rientro ancora piu' lungo e veramente impegnativo.
Ecco qualche foto relativa ad una salita con mio nipote e mia figlia.
La giornata non prometteva gran che ... peccato per le foto panoramiche (impresentabili), ma tutto sommato una fortuna per la salita; in un'altra circostanza l'ho salita in agosto in pieno sole ... un deserto verticale abbacinante ...
Una vista d'insieme (come dicevo, impresentabile , ma da l'idea delle dimensioni)
Gli eroi all'attacco della prima corda fissa
(a sinistra mio nipote Enrico, realizzatore pratico di molte mie idee per la coltivazione dei peppers)
Momenti della salita
Ancora uno sguardo verso il settore piu' "alpinistico"
La discesa inizia con un sentiero nel bosco cosi' ripido che e' stato parzialmente attrezzato con una corda d'acciaio (primo e unico esempio di "ferrata" su alberi e fango che mi sia capitato di vedere).
Con una leggera pioggerellina, nubi, nebbia e una luce irreale sembrava un girone dantesco ...
Tre lunghissime ore dal piccolo "dente" che di vede al centro della foto fino al termine della discesa.
Tutto sommato, una bella giornata!
Nel periodo in cui ho praticato l'arrampicata vera e propria (fine '70-inizio '80) si discuteva se il limite delle capacita' umane fosse il fatidico 6° grado oppure se creare una scala delle difficolta' chiusa fosse stato un errore madornale ...
Messner scandalizzava tutti pubblicando un libro intitolato "Settimo grado" ...
Qualche decennio dopo e' evidente che la seconda ipotesi era quella giusta.
L'arrampicata libera (o sportiva, come si chiama oggi) ha fatto enormi progressi, ora le difficolta' massime si esprimono con numeri a 2 cifre (!).
Anche l'approccio alle grandi pareti e' cambiato.
Un film sulla salita in tre giorni della via The Nose su El Capitan (Yosemite, USA) al Festival di Trento del 1977 mi aveva entusiasmato.
Ora c'e' chi percorre la stessa via in poco piu' di tre ore (1000 metri verticali) sia pure sfruttando tutte le attrezzature gia' presenti.
Ecco tre interessanti filmati per chiarire per immagini ...
Nel primo, uno dei top-climber del momento sfida le leggi di gravita' sulla via probabilmente piu' difficile ...
So che e' difficile per chi non ha mai arrampicato valutare realmente la difficolta', ma provate ad appendervi su una appiglio orizzontale anche di grosse dimensioni e con i piedi appoggiati piu' avanti rispetto alle mani anche solo per pochi secondi ... poi considerate che il filmato dura molti minuti e ... guardate le dimensioni di certi appigli ...
Lo stile "lento" di una altro grande climber sulla stessa via e' forse ancora piu' impressionante
http://www.youtube.com/watch?v=s5Dc_lYnjWE&NR=1
Il terzo filmato e' appunto una "corsa" contro il tempo sul Nose de El Capitan; una prestazione atletica fantastica e una confidenza incredibile con l'ambiente verticale ... in certi passaggi alla fine del filmato c'e' letteralmente un km di vuoto sotto i piedi ... e senza corda!
http://www.youtube.com/watch?v=heIiGX3__Qg